domenica 3 aprile 2011

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MUSICOTERAPIA DEMOCRATICA
Gli articoli di questo numero: 

1- musica e lavoro 
2- musica e ricerca 
3- musicoterapisti atipici 
4- nutrendosi di suono: la dimensione dell'apprendimento in musicoterapia (parte I) 
5- musicoterapia e alzheimer 

Editoriale 

La musicoterapia italiana si diffonde e nel panorama lavorativo emergono contraddizioni evidenti; sono pochi i professionisti assunti con contratto a tempo determinato e indeterminato; spesso viene usata la formula co.co.co. e quella odierna co.co.pro. e quindi spesso ci si trova nell'area dei cosidetti atipici. 
Essendo diffusa la pratica dell'appalto a cooperative socio-sanitarie spesso i musicoterapisti affollano il settore dei soci cooperatori , soci con scarsi elementi partecipativi e poche garanzie. 
Il mondo associativo variegato di fatto e' composto da candidati liberi professionisti e medici , psicologi , terapisti , educatori , altri laureati , etc. , e pertanto inclini a considerare il mondo dei professionisti esclusivamente sotto il profilo , per l'appunto , della libera professione ; risulta evidente che i dirigenti delle scuole private di formazione non anelano al riconoscimento professionale , essendo in tal modo destinati alla chiusura. Da cio' se ne deduce che i pionieri della musicoterapia nel mercato , e cioe' coloro che con fatica sono di fatto entrati nel sistema socio-sanitario , rischiano di veder vanificare i loro sforzi di inserire la musicoterapia nelle istituzioni socio-sanitarie per il fatto che le associazioni di candidati liberi professionisti , a volte autoreferenziali , sono distanti dal rafforzamento delle realta' lavorative dipendenti esistenti e piu' tese a tutelare interessi di futuri musicoterapisti , ancorche' di dirigenti spesso improvvisati di scuole, troppe e confuse. 
In questo contesto si corre il rischio paradossale di gettare a mare la ricerca nei centri di riabilitazione, il lavoro sul campo fatto per anni e anni otto ore al giorno, montagne di supervisioni, cartelle di osservazione, valutazione , riunioni d'equipe, collaborazioni interdisciplinari , cento e cento volte di piu' e meglio impostate delle rare attivita' dei diplomati e diplomandi di scuole private , che entrano in registri privati senza alcuna attivita' pratica . E cosi' per assurdo si potrebbe gettare al vento la ricerca applicata , mettendola erroneamente contro la ricerca futura , riconoscendo le associazioni invece di riconoscere la disciplina e la professione. Questo periodico ha lo scopo di tutelare il lavoro esistente e passato , patrimonio della musicoterapia , e cosi' tutelare i pionieri della musicoterapia applicata e rispettare il loro lungo affannoso cammini nelle istituzioni ; i musicoterapisti nelle istituzioni socio-sanitarie gia' esistono e non nasceranno con un decreto ministeriale. 
Occorre che tale decreto rispetti l'esistente e lo tuteli , anzi lo rafforzi , cosicche' da esso si sviluppi ancor di piu' la musicoterapia ; occorre che i lavoratori precari trovino giustizia ed assunzione nel rispetto dei diritti umani e sindacali ; occorre che vengano scritte nelle leggi norme transitorie democratiche e rispettore di questi nostri colleghi , sanatorie giuste nel rispetto e nella tutela dell'utenza. Occorre che chi parla di nuova professione sappia che non si parte dall'anno zero ne' dall'autoreferenzialita' di pochi furbetti , ma dal lavoro collettivo di molti . 
Tra questi molti alcuni hanno scelto di fare associazioni private costruendo piccoli poteri mediovali sul modello degli Ordini classici , datati ed obsoleti , e pretendono di dire:-"noi siamo i primi e gli unici". Errore! Nel momento in cui il governo interviene per democratizzare gli Ordini sarebbe paradossale mettere su altri "ordinetti" medioevali ; no! Noi faremo la nostra parte per comunicare a tutti che gli operatori di musicoterapia preesistono alle associazioni , che queste ultime sono legittime ma non esaustive , che non tutelano il pre-esistente e l'esistente nel mondo del lavoro, che dobbiamo percio' tutelarci da noi. 



Rolando Proietti Mancini 





MUSICOTERAPIA E RICERCA 

La vastità di ambiti applicativi della musicoterapia e la mancanza di indirizzi specifici offerti in ambito formativo, hanno portato per tale disciplina, almeno in Italia, ad una difficile sistematizzazione della ricerca. 
Mi occupo di Musicoterapia e ricerca, in ambito clinico-sperimentale, nel trattamento di stati vegetativi e traumi cranici. Il mio lavoro si svolge a Crotone, nel laboratorio di Regolazione Sensoriale Multimodale e Musicoterapia dell'Istituto "S.Anna" (clinica riabilitativa ad alta specializzazione) dove, da qualche anno, ci siamo dedicati a tempo pieno all'osservazione, valutazione e sistematizzazione di alcuni approcci riabilitativi.
In particolar modo, stiamo studiando alcuni aspetti delle emozioni ricercando parametri filsiologici che possano essere facilmente registrati al fine di poter individuare uno stato di benessere o malessere del paziente. L'importanza di tale ricerca è dovuta al fatto che per quanto uno stato emotivo "negativo" risulti facilmente osservabile, non è altrettanto vero per le condizioni emotive "positive", le quali sono importanti per facilitare un approccio terapeutico efficace. Infatti, con pazienti non responsivi diventa cruciale poter definire se uno stimolo è adeguato o no allo scopo. In tale ricerca l'approccio musicale è risultato strategico. Definendo e controllando i parametri caratteristici di un brano musicale (velocità, dinamica, struttura armonica, ecc.) e controllando i valori ottenuti da 36 variabili derivanti dall'ECG, è stato possibile definire un algoritmo per decidere la posizione emotiva di un soggetto non responsivo. Tale risultato è stato ottenuto osservando precedentemente gli andamenti rilevati in un gruppo di controllo, e in un gruppo di traumatizzati cranici responsivi e collaborativi, rientrati nei criteri di inclusione preventivamente stabiliti. I dati, in questa serie di studi, sono stati controllati ed elaborati dal Centro di Calcolo dell'Università della Calabria. 
Ancora, abbiamo avviato da quasi tre anni uno studio sull'afasia pregressa tipo Broca e su un metodo riabilitativo derivato dalla MIT ribattezzato TMR ( Terapia Melodico Ritmica) su invito di collaborazione dell' "Istituto di Neuroriabilitazione S. Giuseppe Moscati – Villa Margherita" di Benevento ed in collaborazione con la "Sal Petriere" di Parigi. Tale lavoro, dopo una iniziale e complessa fase di preparazione, a portato ad un eccellente risultato nel recupero del linguaggio in 4 soggetti con afasia motoria pregressa (minimo 9 mesi dall'evento acuto), con risultato conservato al follow-up ( 6 mesi dalla fine del trattamento). 
Gli studi finora svolti, hanno messo in evidenza almeno due aspetti fondamentali: 
1) La validità dell'approccio Musicoterapico in strutture altamente specializzate 
2) La mancanza di strumenti per comunicare in modo corretto l'analisi di osservazioni musicoterapiche 
Rispetto al primo punto la validità dell'approccio è dato non solo dalla ricerca ma anche e soprattutto dal risultato ottenuto nel trattamento di pazienti con gravi cerebrolesioni acquisite nel corso di sei anni di lavoro. 
Riguardo al secondo, la mancanza di strumenti per la valutazione dei pazienti comporta la necessità di conoscere gli strumenti di indagine classici della neurospicologia, al fine di poter comunicare le proprie osservazione e poter acquisire informazioni per l'impostazione di una terapia adeguata. Ma, il ricorso a strumenti diversi, non propri della disciplina musicoterapica, comporta inevitabilmente una perdita di informazione nell'osservazione, dovuta alla complessità delle dinamiche che riguardano la "comunicazione" con il "linguaggio" musicale. 
Pertanto risulta necessaria la definizione di un mezzo di osservazione clinico (vedi le IAP di Bruscia, o l'adattamento del sistema di osservazione di Skille), la sua sistematizzazione ed infine la validazione su una popolazione specifica, per poter comunicare agevolmente tra colleghi e con le altre figure professionali, nell'ambito di un approccio interdisciplinare nella riabilitazione del paziente (vedi le linee guida di Basaglia). 
Pertanto mi viene spontaneo giungere alla seguente riflessione: è necessario caratterizzare la figura del musictherapist (lo scrivo in inglese per evitare disquisizioni tipicamente italiane tra –ista ed -euta). 
Infatti come esistono scuole di specializzazione per psicologi e medici, le quali definiscono un modello di approccio ed intervento sul paziente, è auspicabile e necessaria la creazione di percorsi formativi di musicoterapia che abbiano indirizzi ed approcci caratterizzanti, al fine di dare specificità ed alta professionalità ad una figura così complessa come quella del musictherapist. 

Francesco Riganello 


MUSICOTERAPISTI ATIPICI – UN'ESPERIENZA

Ho 44 anni e lavoro come musicoterapista da più di quindici anni. 
Nel 1999 mi è stato offerto un contratto di collaborazione con l'Azienda Ospedaliera di Cremona e mi sono licenziata dalla scuola per potermi dedicare a tempo pieno alla musicoterapia. Con molta incoscienza, ma anche con molto entusiasmo e fiducia nel futuro, ho lasciato un lavoro sicuro per dedicarmi a quello che sentivo come il mio lavoro, quello in cui potevo veramente mettere in atto al meglio le mie capacità e le mie attitudini. 
Ho iniziato così a lavorare, prima per 20 ore alla settimana e poi per 25, nel Centro Diurno e nel CRA della Unità Operativa di Psichiatria di Cremona. Nel frattempo ho continuato il mio lavoro nel campo dell'handicap seguendo bambini, adolescenti e adulti e riuscendo a portare la mia attività (che svolgevo e svolgo tuttora in collaborazione con una associazione di famiglie) all'interno dell'Unità Operativa di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza dell'Azienda Ospedaliera di Cremona. 
Qualche anno fa dall'Unità Operativa di Cure Palliative mi è giunta la richiesta di portare la musicoterapia all'interno dell'Hospice dell'Azienda Ospedaliera di Cremona e, dal 2005, l'Hospice di Cremona è uno tra i pochi in Italia a poter offrire questa opportunità ai suoi pazienti. 
Si può dunque affermare che io lavoro come musicoterapista a tempo pieno presso l'Azienda Ospedaliera di Cremona, anche se la mia presenza è comunque frammentata e atipica. Parte del mio lavoro (nel servizio territoriale di Neuropsichiatria e nell'Hospice) viene svolta in collaborazione con associazioni che hanno a loro volta una convenzione con l'ospedale e sono presenti con i loro operatori all'interno di esso. Un'altra parte del mio lavoro, quella più consistente, che mi impegna in modo continuativo e costante per cinque giorni alla settimana da quasi otto anni, si svolge all'interno dell'Unità Operativa di Psichiatria, in particolare nel Centro Diurno e nel CRA (Centro riabilitativo ad alta assistenza); in questo caso il mio rapporto di lavoro con l'azienda ospedaliera è regolato da un contratto co.co.co. che si rinnova di anno in anno dal 1999. 
Nel 2005 ho preso contatti con la CGIL (alla quale ero già stata iscritta quando ero insegnante), inizialmente con l'ufficio del Nidil e successivamente con l'ufficio della Funzione Pubblica, Sanità. Ho spiegato la mia vicenda e ho chiesto di essere aiutata nel percorso che avrebbe dovuto portare alla stabilizzazione della mia posizione lavorativa all'interno dell'ospedale, anche in considerazione del fatto che già da tempo si parlava della riduzione e della eliminazione dei rapporti co.co.co. La sindacalista con cui ho parlato si è subito attivata nel prendere contatti con la direzione sanitaria e con l'ufficio personale dell'ospedale e, nel giro di un anno circa siamo arrivati al bando di concorso per la assunzione a tempo determinato per tre anni. Il concorso è stato fatto (l'8 marzo del 2006) ed io sono risultata la prima in graduatoria. Sarei stata assunta come "assistente tecnico (categoria C - profilo professionale: assistente tecnico – livello retributivo VI) per lo svolgimento di attività di musicoterapia". Dal punto di vista dell'inquadramento e della retribuzione non sarebbe stata una grande conquista (considerando che, oltre al diploma di musicoterapia ho anche una laurea, insieme ad altri titoli che non sto qui ad elencare) ma sarebbe stato comunque un passo avanti nella direzione della mia stabilizzazione oltre che, mi sembra, una conquista significativa per tutta la categoria. Generalmente dopo un concorso ci sono le procedure per l'assunzione; nel mio caso tutto è rimasto in uno stato di sospensione fino alla fine dell'anno. Nel frattempo è arrivata dalla Regione Lombardia anche l'autorizzazione a procedere, in seguito alla proposta di organico per l'anno 2006 formulata dall'azienda ospedaliera, alla trasformazione del rapporto di lavoro atipico a quello a tempo indeterminato per la figura del musicoterapista. All'inizio dell'estate la situazione era ancora ferma, dopo un'ulteriore sollecitazione da parte del sindacato a sbloccare la situazione gli impiegati dell'Ufficio Personale mi hanno spiegato che a loro avviso si trattava 'solo' di definire con la Direzione Sanitaria quello che sarebbe stato il mio utilizzo, in quale servizio e con quali mansioni (si parlava addirittura della possibilità di utilizzare le mie 36 ore settimanali tanto sulla Unità Operativa di Psichiatria quanto sul quella di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'adolescenza). Mi è stato pertanto consigliato di chiedere un appuntamento con il Direttore Sanitario per poter definire quale sarebbe stato l'utilizzo della mia nuova e insolita figura professionale, sembrava che fosse questo l'ultimo tassello che restava da sistemare per poter finalmente approdare al traguardo della assunzione. Ho chiesto un appuntamento alla fine di giugno e sono stata convocata alla fine di ottobre. Nel frattempo ho continuato a sentire il sindacato che mi rispondeva tranquillizzandomi e spiegandomi che le lungaggini erano dovute al fatto che comunque il mio rapporto con l'azienda era 'a posto' fino alla fine dell'anno (con il contratto co.co.co) e tutto si sarebbe risolto con il 2007. Quando ho finalmente incontrato il Direttore Sanitario mi è stato spiegato che la mia assunzione non era possibile, a prescindere dal concorso fatto e dalla autorizzazione della Regione. Molto gentilmente mi è stato detto che, nel caso del servizio presso il quale avrei dovuto lavorare come dipendente il problema prioritario è l'accreditamento e la figura del musicoterapista non rientra nei criteri per l'accreditamento. In altre parole: il Centro Diurno presso il quale lavoro tutti i giorni da quasi otto anni è accreditato ma è carente di un operatore a tempo pieno (un educatore); diventerebbe difficile giustificare l'assunzione di una figura non prevista quando non ci sono tutte le unità di personale previste. Di fatto da sempre mi è stato detto che la condizione per il rinnovo annuale del mio contratto è che con la mia presenza e il mio operato, consento alla struttura di continuare a funzionare al meglio a prescindere dalla mancanza di una unità di personale 'ufficiale'. Insomma, gli servo per far funzionare il servizio (sono una brava musicoterapista e sono anche capace di svolgere altre mansioni, equiparabili e quelle dell'educatore, gli utenti mi conoscono, ho ormai maturato una certa esperienza nel campo …) ma non mi possono assumere, anche se hanno fatto un concorso per il tempo determinato e, volendo, potrebbero anche bandirne uno per il tempo indeterminato. 
Ho fatto avere al sindacato e tramite esso alla Direzione Generale, due DGR della Regione Lombardia relative alle RSA e alle RSD dove, riguardo i criteri di accreditamento, si afferma che le funzioni di tipo educativo ed animativo dovranno essere garantite rispettivamente dall'educatore professionale e dall'operatore socio educativo. In carenza di tale figura potrà essere coinvolto l'animatore sociale e personale con titolo universitario in discipline umanistiche; e più avanti: ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati nel progetto individualizzato possono altresì concorrere al raggiungimento degli standard relativi all'area educativa e all'area riabilitativa operatori diversi da quelli previsti dai punti precedenti quali: assistenti sociali,operatori che hanno sostenuto corsi di formazione / aggiornamento / specializzazione in musicoterapia, arteterapia, danzaterapia e teatroterapia oltre che esperti in lavori artigianali (maestri d'arte). La risposta è stata negativa, pare che una Azienda Ospedaliera non abbia nulla a che vedere con le RSA e le RSD. 
È arrivata la fine dell'anno, il mio contratto di co.co.co è scaduto e non ho nemmeno firmato quello per il nuovo anno (negli uffici hanno molto lavoro arretrato e non hanno fatto in tempo a sbrigare tutte le pratiche prima della fine dell'anno – troppo co.co.co da sistemare?! - ); mi è stato comunque detto che per il rinnovo non ci sono problemi ed io ho comunque ripreso il lavoro il 2 gennaio. 
Aspetto che mi chiamino per andare a firmare il mio ennesimo rinnovo e aspetto che al sindacato arrivi la risposta scritta con le motivazioni riguardo la mia non – assunzione. Vedremo poi cosa fare. Nel frattempo io continuo a lavorare come ho sempre fatto, con fiducia nel futuro della musicoterapia. 


Laura Gamba 


Nutrendosi di suono: la dimensione dell'apprendimento in musicoterapia 

La nostra musica interiore incontra quella degli altri per comporre un nuovo linguaggio archetipico, simbolico , modulato sull' essenziale dei bisogni e dei sogni di ciascuno. 
Un linguaggio emotivo dove l'essere e il dire si incontrano creando spazi di fiducia rigenerante. 



La musicoterapia si presenta: una disciplina fondata sulla relazione uomo suono, in ascolto del disagio. 

La musicoterapia è una disciplina psicocorporea che attiva percorsi riabilitativi e terapeutici di presa in in-carico della persona in situazione di disagio, lasciando intravedere potenzialità personali fondate sulla teoria delle intelligenze multiple, nel rispetto della individualità specifica di ciascuno e nella considerazione dovuta all'emozione spesso inficiante la qualità della vita negli aspetti relazionali e di impegno lavorativo. 
La proposta musicoterapica si innerva e prende forma nella produzione complessa di senso insita nella natura della musica, evidente nella musicalità di cui ogni persona è portatrice.
Ascoltando una musica o producendo un gesto sonoro- un respiro, una percussione,una qualsiasi presa di contatto con oggetti vibranti- possiamo permetterci un'espansione sintonica con la morbidezza delle linee melodiche, la generosa vitalità del ritmo, la tavolozza dei timbri, fino a contattare le incredibili pieghe di senso con cui molto abilmente ridefiniamo la nostra arte di vivere, arricchendola. 
Forse possiamo condividere l'ipotesi che la musica sia per la natura e struttura che le sono proprie uno specchio ed una metafora delle potenzialità vitali individuali, che descrive, ripete, varia e sviluppa, tra evocazione contenimento ed attivazione. 
Il linguaggio essenziale ed insieme complesso della musica ci introduce in una dimensione dinamica e dinamicizzante, che si esprime nella forma del suono, in forme formanti strutturate nello stile delle onde sonore, dell'ambiente di propagazione e dei mezzi più o meno elastici che influenzano l'espressione. Uno spazio bio-risonante facilita la vivacità di ciascuno di noi, mentre un vuoto assoluto di ascolto smorza e chiude l'effetto sonoramente vitale. 
Nell'ascolto , tra suoni ed immagini evocate, ritroviamo una percezione archetipica del corpo e dell'ambiente, che consente nuove modalità di confronto con se stessi ed attiva una lettura innovativa della realtà circostante. 
Ipotizziamo che la persona, essere vivente nel suono, proietti la sua identità sonora, la sua musicalità, risonando con altri e altro da sé, nutrendosi di suono per riuscire ad affrontare le difficoltà del proprio esistere. 
Il formatore si propone come cassa di risonanza che può accogliere ed amplificare il suono espressione dell'altro, elicitando amplificati gli armonici dell'eufonia ed assorbendo asprezze dissonanti. Ognuno di noi conosce l'intuizione da cogliere con un insight fulmineo l'espressione personale e/o corale, riuscendo a gestire anche e soprattutto l'inaspettato, l'incidente, con sintonica creatività: il gesto, la parola, la pausa giusti al momento giusto. 
Sperimentiamo così per primi quelle emozioni che rifondano i molti sensi della relazione d'aiuto, ritrovando parti di noi nel confronto, nel racconto che favorisce la crescita rigenerante del senso vitale e professionale, coscienti degli elementi controtransferali assorbiti e grati per questo feedback offertoci. 



Risonanza: la poietica vitale della musica 

Ciascun suono può essere percepito se amplificato da una cassa di risonanza, riverberato in un ambiente acusticamente idoneo e accolto da un soggetto pronto a percepirlo. Solamente in questo contesto il suono può esprimere significati originali. 
Ipotizziamo che una modalità simile sia valida per ciascuna per-sona, cui necessitano ascolto ed attenzione affinché sia favorita l'espressione personale. 

Al centro della nostra ricerca sta la persona, con le sue luci ed ombre, nel suo interagire in situazione con sé stessa e con gli altri. E' la persona il grande valore aggiunto di qualsiasi organizzazione, istituzione e società, la pietra d'angolo su cui contare sempre in situazioni regolari, e soprattutto nelle criticità dell'emergenza. 
Già dal punto di vista etimologico la parola persona confluisce nel musicale, derivando dalla maschera progna che caratterizzava sonoramente e visivamente i personaggi nella tragedia greca, risonando stati emotivi e caratteri personali ben noti agli ascoltatori. 
Nella musica ognuno trova uno specchio in cui riflettere naturalmente parti di sé, in una percezione connessa al proprio vissuto ed alle strutture percettive che gli appartengono. 
Vorrei qui sostenere che la persona, essere vivente sensibile alla percezione acustica, possa essere compresa nella sua connotazione musicale, esprimente una musicalità personale organizzata, anche se non sempre intenzionalmente. 
Il ritmo, la melodia, l'armonia dei brani interagiscono con l'ascoltatore, aprendo spazi significativi, tutti da cum-prendere e decodificare a seconda degli interessi personali profondi, presenti più o meno chiaramente alla coscienza. 
La musica è per sua natura forma sonora, struttura organizzata centrata sull'emozione ed in particolare forma poetica: la poiesis, l'attività prettamente umana dell' immaginare, ideare, progettare, sperimentare e realizzare, dando forma all'idea vitale. Anche la poesia è musica, laddove la parola emozionata diviene suono, ritmo, fraseggio esprimenti la realtà emotiva, forse inerarrabile dalla forma prosaica. 
Non mi sembra poi così azzardato ipotizzare che l'apprendimento, nelle sue forme più interiorizzate, trovi larghe affinità con la poesia, tra la fatica del dare forma e la liberazione dell'esprimersi, con gli strumenti e le tecniche affinati della/dalla ricerca noetica. 
L'apprendimento si propone come un processo talvolta arduo di conquista di concetti, tecniche, metodologie; come la musica si muove continuamente in situazioni mai troppo definite, in uno spazio magmatico dai contorni impalpabili dove certezza e dubbio si integrano, come gli armonici lontani con il suono fondamentale. 
Si delinea in un movimento dinamico della persona che pur motivata si trova a confronto con le proprie incertezze, i fantasmi della poca autostima. 
La musicoterapia, disciplina della musica in relazione di aiuto, si genera come poietica vitale, facilitante l'ad-prendere con il contenimento di stati emotivi, attivando la ridefinizione del tono dell'umore per sostenere la persona nel ridefinire in situazione l'immagine di sè. Forse l'andamento vitale stesso può riconoscersi in una poietica dell'apprendere, colta come danza vitale, tra incomprensioni e punti fermi raggiunti, contenuta ed attivata dalla musica che la rispecchia e la connatura ad un tempo. 
I brani musicali, come le persone, si contrappuntano tra armonia e dissonanza, per la maturazione delle composizioni che necessitano di percorsi di apprendimento, in un flusso circuitante tra il noto e lo sconosciuto. 
Riuscendo a liberarci della logica dialogica che oppone il concetto di consonanza a quello di dissonanza , possiamo ritrovare nuove possibilità di espressione integrate fondate sulla percezione riccamente articolata dei brani. L'ascoltatore attento diviene uno scopritore di alcuni dei molti sensi veicolati dal paesaggio sonoro evocato, intuendo come orientarsi ed inserirsi, riflettendo/si nello specchio del suono. 
La musica, che si fonda sulla complessità dell' essenziale, può assumere la funzione di strumento facilitante il contatto consapevole con tratti problematici del proprio vissuto; diviene funzionale per avviare la persona ad attivare tracce mnestiche legate all'affettività, aiutandola a ritrovare elementi di fiducia, nel riconoscimento e nell'accettazione di parti in ombra,consentendo di acquisire un valore di orientamento nelle situazioni di incertezza e dubbio, strutturando lentamente capacità di paziente resistenza e di elaborazione reattiva al disagio ed alle paure su questo impiantate. 

Maria Broccardi 


Oh Dio, fa che io sia vivo nel momento della mia morte. 
(Donald Woods Winnicott) 




Ho lavorato, fino al mio trasferimento pochi mesi fa, come musicotherapist presso il Centro Diurno della RM E, che racchiude i Municipi 17°, 18°, 19°, 20° di Roma. Il Centro nasce da un accordo di programma tra ASL e Comune di Roma, con la finalità di migliorare la qualità della vita dei pazienti e dei caregivers, e di limitare il ricovero ospedaliero e l'istituzionalizzazione. 
Per il primo anno e mezzo dall'apertura, il Centro ospitava 20 utenti per un periodo di tre mesi, dal lunedì al sabato, dalle 9 alle 18, e la disponibilità di disporre dei "letti di sollievo" era per un massimo di 20 notti. Successivamente il regolamento è stato modificato, e oggi il Centro è frequentato a giorni alterni (pari e dispari), per un totale di 40 utenti, con un grado di deterioramento non omogeneo, e senza più un limite temporale di frequenza. Questo cambiamento ha portato un disagio sia in noi operatori sia nei pazienti, in quanto l'identificazione nel gruppo da parte dei malati è stata inevitabilmente più difficoltosa e lenta; la co-presenza di più stadi della malattia ha creato confusione in noi operatori, e per i pazienti è stato un forte limite. Comunque dopo un primo momento di impasse siamo riusciti ad uscire da un sentimento di frustrazione, e abbiamo riorganizzato il lavoro dell'équipe. 
Questo episodio però mi ha fatto capire come il problema reale delle Istituzioni sia esclusivamente politico e ben poco umano. Infatti non è stato possibile un confronto dialettico e costruttivo. Bensì abbiamo dovuto piegarci senza fiatare! 
La mia esperienza è stata comunque molto ricca e costruttiva, specialmente per quanto riguarda la relazione che si viene a creare con i pazienti. Infatti ho potuto personalmente constatare come il canale musicale permetta "l'accensione dell'anima" (F. Fornari, 1984), attraverso il recupero dei propri vissuti, delle proprie emozioni, della propria identità. Il recupero di questi vissuti, sia personali che collettivi, permettono attraverso la musica, una rielaborazione sonora della storia che si è vissuta. La musica, in questa ottica, è come una chiave che apre le porte del passato, delle emozioni, della memoria. 

Musica Emozione Memoria 


Nei malati di demenza la memoria, cioè la conservazione del passato, appare gravemente compromessa, quindi viene utilizzata la tecnica della reminiscenza quale richiamo del passato. Oliver Sacks dice che la reminiscenza è "incontinentemente nostalgica" in quanto disinibita emotivamente. 
Una buona relazione influenza positivamente il tono dell'umore del paziente. Questo permette al paziente di riconquistare fiducia nelle proprie capacità residue, di interessarsi all'attività che svolge, di aver piacere a recarsi in un luogo inizialmente estraneo, dove incontra persone che prima non conosceva; ed è così che i miei pazienti mi manifestavano il loro "affetto", sorridendomi, venendo a fare l'attività, mettendosi in gioco, verbalizzando i propri vissuti e le proprie emozioni, dicendomi che era bello stare insieme... 
L'Io disgregato non riesce ad assicurare l'identità di pensiero e di percezione e il malato di Alzheimer sembra servirsi di un'identità affettiva, per questo l'ambiente affettivo viene riconosciuto e conservato dal malato. Per avallare questa ipotesi può essere utile citare Freud: 

Ciascuno di noi possiede nel proprio inconscio uno strumento col quale può interpretare le espressioni dell'inconscio negli altri. 

Quindi il malato di Alzheimer è ancora provvisto di questo strumento come conoscenza e riconoscimento affettivi, in quanto sebbene l'Io residuo perda la sua capacità di dare un senso al valore rappresentativo dell'affetto, rimane comunque capace di funzionare chiaramente nel registro del piacere-dispiacere (G. Le Gouès, 1995). 
Per questo motivo è importante che l'ambiente accogliente, l'atteggiamento di ascolto e le attività svolte rechino piacere al malato. 
La memoria ha un gran peso sulla relazione. La memoria a breve termine e a lungo termine sono infatti le funzioni maggiormente colpite dall'Alzheimer. Ciò significa che spesso chi vuole entrare in relazione con un malato di Alzheimer si deve scontrare con la possibilità di non essere riconosciuto o di affrontare una conversazione che può apparire senza senso, si può avere l'impressione di ricominciare da capo ogni volta che ci si incontra. Ripetere le stesse cose, più volte, con un atteggiamento accogliente, di ascolto profondo, di disponibilità, in altre parole di empatia e di amore. La relazione si presenta, nella prima fase degli incontri, hic et nunc. Bisogna saper aspettare, costruire ogni giorno, essere costanti, non lasciarsi sopraffare dalla frustrazione. Tale sentimento, facilmente intuibile, diventa di portata enorme da parte di un familiare, come un figlio o un coniuge, non più riconosciuto dal proprio caro colpito da questa terribile malattia. 
Come scrive A. Cester, il vecchio è il frutto maturo di una società caotica che spesso stancamente, ma inderogabilmente, ci rende conto della nostra e della sua caducità. Può far paura avvicinarsi ai vecchi, soprattutto se malati di un male così devastante, così complesso, così inesorabile. Ma proprio loro sono capaci di gesti che ci ripagano, condividono con noi le emozioni, positive e negative, i ricordi, le esperienze; se ci poniamo in una posizione di ascolto, ci arricchiscono di un bene prezioso, e diventa meno triste per loro questo viaggio così difficile, e per noi meno doloroso lasciarli andare. 

PATRIZIA MIRABELLA

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