sabato 21 novembre 2009

L'alfabeto delle emozioni

ARCHIVIO SONORO ESPRESSIVO
materiale d'archivio





Riteniamo importante definire, ai fini dell’esposizione, il termine emozione riportando la definizione che da U. Galimberti nel dizionario di psicologia (1997).





“Reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata, determinata da uno stimolo ambientale.

La sua comparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico.

Le reazioni fisiologiche ad una situazione emozionante investono le funzioni vegetative come la circolazione, la respirazione, la digestione e la secrezione, le funzioni motorie tramite un’ipertensione muscolare e quelle sensorie con vari disturbi alla vista ed all’udito.

Le reazioni viscerali si manifestano con una perdita momentanea del controllo neurovegetativo con conseguente incapacità temporanea d’astrazione dal contesto emozionante.

Le reazioni psicologiche si manifestano come riduzione del controllo di sé, difficoltà ad articolare logicamente azioni e riflessioni, diminuzione della capacità di metodo e di critica.”.





Com’e’ noto la regolazione e rielaborazione delle emozioni coinvolge diversi aspetti (cognitivi, espressivi, fisiologici) dell’esperienza emotiva; e’ pertanto plausibile considerare i cambiamenti che si osservano nella regolazione emozionale, come indicatori del più generale cambiamento che si realizza in particolari contesti di drammatizzazione.





“Per quanto riguarda i due aspetti, l’espressione e il vissuto soggettivo delle emozioni, la mancata riduzione della discrepanza tra comportamento manifesto e vissuto emotivo può costituire un fattore di rischio nella misura in cui impedisce la trasformazione delle emozioni in dati cognitivi, in strumenti di pensiero che permettono l’apprendimento di modalità comportamentali adeguate”.

(Ricci Bitti, 2001)





Regolare le emozioni vuol dire quindi far sì che esse possano essere presenti in schemi cognitivi più sofisticati e forniscono alla vita cosciente una nuova dimensione qualitativa.

Nel lavoro con i disabili gravissimi risulta essenziale, data l’impossibilità della regolazione, fornire strumenti atti al riconoscimento di una determinata emozione (attraverso gli elementi sensoriali tipici del teatro ), in modo da collocarla possibilmente in un iniziale “alfabeto emozionale individualizzato” da riproporre in altre attività riabilitative.









Rifacendosi alla classificazione dei livelli emozionali del disabile grave, elaborata da Moretti-Cannao (1982 ) riportiamo fedelmente le definizioni usate:





Emozioni massive equivalenti; intendiamo con tale dizione indicare quelle risposte indifferenziate, generalmente di ordine psicomotorio o vegetativo, che conseguono a qualunque vissuto emozionale.Certi soggetti gravemente compromessi rispondono, infatti, in modo massivo sia alla gioia che alla paura, sicchè noi, dall’esterno, possiamo dedurre che un’emozione vi e’ stata, ma nulla possiamo dire di essa, della sua qualità e talora neppure della sua intensità, in base alla risposta. Se dovessimo ragionare in termini puramente neurofisiologici, diremmo che è stata data “via libera”, ma che non si e’ verificata alcuna ulteriore elaborazione.





Emozioni bipolari; il soggetto e’ in grado di rispondere selettivamente ad emozioni di segno opposto (gioia-paura, eccitamento-depressione ), ma non riesce a distinguere tra emozioni analoghe, di conseguenza, neppure noi possiamo trarre deduzioni in merito. Delle risposte di alcuni soggetti possiamo, infatti, dire che sono positive o negative, ma è impossibile precisare se si tratta di gioia o di eccitamento, di paura o di depressione, ecc. E’ facile anche notare che il nostro lessico è, a questo proposito, impreciso e che alcuni termini sono usati in un’accezione soggettiva: ad esempio, “depressione” sta qui ad indicare un generico orientamento emozionale. Ciò che ci sembra importante è però il concetto di bipolarià, che si riferisce ad una capacità di discriminazione contrapposta al precedente tipo di risposta emozionale caratterizzato dalla massività.





Emozioni controllate: ovvero stati emozionali che il soggetto è in grado di elaborare a seconda della situazione, ora potenziandoli, ora inibendoli, ora cambiando loro parzialmente di segno (ad esempio, la paura può essere ricercata come fonte di eccitamento). A questo livello è quasi impossibile prescindere totalmente dalla sfera simbolica; anche a questo proposito, diremo che questo è il confine superiore della condizione di gravità, pure se può essere difficile distinguere fin dove il soggetto opera per effettiva discriminazione e quando invece è soltanto confuso.









Il teatro e’ sempre stato un mezzo rilevante per facilitare l’espressione delle emozioni .

E’ nel particolare contesto di un laboratorio teatrale che emergono gesti, vocalizzi, sguardi, movimenti, sentimenti che “ fuori del palcoscenico” rimangono sopiti, insabbiati, a volte appena sussurrati.

Il teatro fornisce all’individuo, anche con disabilità intellettiva, un’opportunità indiretta di comunicazione, meno rischiosa (nei confronti della realtà diretta e parametricamente determinata) della comunicazione lineare (verbale, visiva, tattile, ecc.. ). Quest’ultima può generare ansia, timore dell’errore e rifiuti (nella dinamica tra emittente e ricevente).





Nei giochi dei ruoli e nella tecnica improvvisativa, il soggetto può esplorare comportamenti nuovi, senza assumere immediatamente la responsabilità dell’azione comunicativa finalizzata.

La necessità di fornire questa “protesi” comunicativa ci induce a proporre una esperienza, che potremmo così definire: ” percorso teatrale e musicale finalizzato all'espressione ed alla gestione delle emozioni”.


















”.

Tale scelta e’ scaturita da una duplice necessità:

- facilitare il riconoscimento di alcuni segmenti emotivi (isolamento, rifiuto, riconoscimento, accettazione, incontro…);

- facilitare il mondo esterno al contatto ed alla comunicazione con il grave.





In una prima fase il gruppo di operatori, composto di: educatrice professionale, musicoterapista, assistenti socio sanitari con funzioni educative, volontari (che sono intervenuti prevalentemente nella fase della rappresentazione), si e’ impegnato nella scomposizione dell’evento in unità spazio- temporali, scegliendo e selezionando alcune sequenze sulla base di minimi segmenti emotivi. L’esperienza teatrale risulta, infatti, per i gravi, spesso ipercodificata ed ipersimbolica e quindi un impegno troppo sofisticato, a meno che non si individuano segmenti-comportamentali minimi.





Il gruppo durante le attività curriculari di musicoterapia, ha programmato i ruoli, la partecipazione e la “partitura non verbale”.

Nell’attività di laboratorio il programma è stato realizzato attraverso una serie graduale di stimolazioni sensoriali (uditive, tattili, olfattive, ecc.).

Nel percorso sono emerse per ogni paziente aree sensoriali piacevoli e spiacevoli; in base ai dati raccolti si è descritta la “mappa sensoriale” che ha costituito la base per l’elaborazione (da parte del musicoterapista) della partitura informale non verbale.





Nel nostro caso sono state allestite sette scene teatrali raccordate da ulteriori quattro di collegamento, al fine di permettere ai pazienti più gravi di essere posizionati per la performance successiva.

Sono stati riscontrati generalmente comportamenti adeguati alla proposta non verbale quando si è riusciti a realizzare contesti coerenti dal punto di vista affettivo, sensoriale e comunicativo.

Frequentemente, durante il “setting”di drammatizzazione, ad esempio, Massimo si alzava gesticolando e roteando in una sorta di danza popolare, coinvolgendo anche l’operatore.

Abbiamo notato espressioni facciali rilassate, la ricerca del contatto visivo (mantenuto a lungo) ed una notevole disponibilità al contatto fisico.

La nostra esperienza ci induce ad evitare nell’attività teatrale l’utilizzazione di coreografie, costumi, musiche, ecc, acontestuali, ossia attinenti l’area dell’astrazione o del riferimento simbolico.

Abbiamo pertanto evitato di realizzare scenografie complesse basate su più significati correlati ed astratti.





Centralità del lavoro comune e’ stata quella di amplificare drammaticamente l’evento attraverso l’uso di sostegni sensoriali. I segmenti emotivi sono rappresentati evitando di saturare gli analizzatori, supportati da musiche, luci, movimenti ed espressioni adeguate, al fine di permettere la massima espansione emotiva.

In questo modo, pensiamo, di poter dare a tutti l’eventuale possibilità di codificazione.





Nello svolgersi dell’attività, i singoli operatori hanno avuto lo spazio e la possibilità di esprimere il proprio coinvolgimento.

Questo, a nostro avviso, rappresenta uno degli elementi dell’evento: tale coinvolgimento non e’ affatto scontato e, durante i mesi di lavoro, ha costituito una curva variabile tendente all’ascesa.

Da una fase di particolare attenzione e timidezza rispetto alla proposta, si e’ gradualmente passati ad una messa in gioco dell’operatore.

Questo è auspicabile nel lavoro con i gravissimi, con i quali spesso si ha difficoltà ad entrare in una atmosfera mimico-giocosa.

Riteniamo importante sottolineare alcuni concetti emersi durante il lavoro:

Nell’arco di questi anni, abbiamo progressivamente scelto di realizzare “eventi teatrali” all’interno dei nostri luoghi, accogliendo tra noi tutti coloro che, nel tempo, hanno dimostrato un reale interesse a contattare i nostri ospiti;

Tra le caratteristiche di questo lavoro spicca l’assoluta unicità ed irripetibilità di ogni rappresentazione, legata a quel tipo di ospite, di contesto ambientale, di operatore.





Durante il lavoro il programma ha subito notevoli variazioni non dovute all’assenza di metodologie, bensì alla scelta cosciente e condivisa di tenere, nel massimo conto, le risposte “sul campo” dei pazienti e degli operatori.





Gli ospiti hanno dimostrato, nei mesi, di vivere l’esperienza teatrale nei modi loro propri; la documentazione su questo argomento è corredata dai protocolli di osservazione diretta e partecipe condivisi nelle riunioni di équipe sulla verifica del P.R.I..





I nostri lavori sono caratterizzati da una tecnica improvvisativa e non da una improvvisazione generica (Eugenio Colombo, 1982), in cui molti elementi mimici, comportamentali, gestuali, verbali hanno stimolato un processo comunicativo.

















A titolo di esemplificazione, abbiano selezionato due pazienti, tra i quindici del gruppo, che pensiamo possano rientrare tra le due prime classificazioni (massiva e bipolare) dei livelli emozionali riscontrabili nel disabile grave, in base alle classificazioni di G. Moretti (op. citata).









A. C.




DATI ANAGRAFICI E STORICI
Anni 39

Istituzionalizzato in varie strutture psico-medico-pedagogiche nel centro Italia sin dalla primissima infanzia

Inserito nel Centro nel 1989









DIAGNOSI
Ritardo mentale grave.

Epilessia generalizzata.









DIAGNOSI FUNZIONALE
Capacità di pensiero collocabile nell’ambito di un RMG.

Sembra in grado di stabilire rapporti differenziati; tendenzialmente si muove nell’ambiente in maniera irrequieta e spesso si chiude in comportamenti stereotipati.

Assenti comprensione e produzione verbale; discreta la comunicazione di bisogni primari attraverso gestualità, mimica e posture.

Deambulazione autonoma con anche flesse ed addotte, ginocchia flesse e piedi a squadra con aumento della base di appoggio; buona la funzionalità delle mani, impegnate prevalentemente in giochi stereotipati con oggetti filiformi.

Può alimentarsi da solo con le mani; completa assenza di autonomia nelle altre attività della vita quotidiana; necessita di assistenza continua.

“Curioso” per oggetti, ambienti e situazioni; ama ascoltare la musica.









AMBIENTE DI VITA
A.,insieme ad altre persone gravi e gravissime, vive all’interno di un reparto che sembra essere per lui il riferimento ambientale più importante, una vera e propria casa, provvista di refettorio, stanze, bagni e con un lungo corridoio.
Nella stanza di attività A. predilige la “Pallestra”, una sorta di piscina ricolma di palline colorate nella quale si rilassa lungamente, abbandonando le classiche stereotipie con gli oggetti filiformi.





COMPORTAMENTO
A. trascorre gran parte della giornata giocherellando con spaghi, fili, cordicelle di circa 20/25 centimetri, tirandole ed attorcigliandole continuamente; reagisce aggressivamente contro sè e contro gli altri quando se ne priva o n’è privato.





Prende a tallonare gli operatori durante la giornata; “partecipa” alle discussioni frapponendosi di solito fra i due interlocutori, costretti così a continui spostamenti per potersi guardare in faccia.

Nel tempo ha espresso chiaramente la predilezione nei confronti di taluni operatori e una serie di pazienti; ha modalità comunicative pre-verbali con A., L. e G.





A differenza del comportamento quotidiano, legato alle stereotipie descritte per gran parte del giorno, durante le “prove” teatrali, A. è sembrato aprire le finestre dell’attenzione assumendo generalmente un comportamento partecipativo mediante cambiamenti posturali ed espressioni facciali correlate all’evento ed al contesto, rispecchiandosi spesso nello stato d’animo di coloro che erano impegnati nella performance (cfr. video).









A. D. D.








DATI ANAGRAFICI E STORICI

Anni 54

Non sono rilevati inserimenti istituzionali precedenti

Inserito nel Centro nel 1968









DIAGNOSI

Ritardo mentale grave in ipotiroidismo congenito e pregresse crisi generalizzate tonico-cloniche. Dolicomegacolon.

Gastrite cronica.









DIAGNOSI FUNZIONALE
Capacità di pensiero collocabile nell’ambito di un RMG, con buona capacità di rievocazione.

Tendenza all’isolamento ed a rituali ossessivi.

Grave deficit dell’oculomozione.

Comprensione verbale discreta nell’ambito del livello cognitivo presente; produzione verbale limitata a poche semplici parole-frasi.

Deambulazione autonoma assistita, rallentata ed incerta con rincorsa del baricentro; buona la funzionalità degli arti superiori.

Necessita di assistenza costante per tutte le attività di vita quotidiana, ad eccezione dell’alimentazione.

Alvo diarroico. Incontinenza urinaria.









AMBIENTE DI VITA

Si tratta dell’identico contesto descritto in precedenza; inoltre A. frequenta assiduamente la stanza educativa, dove svolge attività di manipolazione con plastilina, creta, ecc., occupandosi anche del riordino del materiale e del locale.








COMPORTAMENTO
A. presenta comportamenti ripetitivi assimilabili a rituali ossessivi, sia dal punto di vista gestuale che verbale (ad es.: continua tendenza allo spezzettamento di cartone senza soluzioni di continuità, frequente richiesta verbale di caffè e conseguente ricerca dello stesso).





Stati emotivi impulsivi acontestuali (scoppi improvvisi di pianto, riso e collera) innescabili anche attraverso parametri sonori relativi al patrimonio pregresso (melodie, cantilene, canti popolari ) ed a ricostruzioni e rievocazioni mnemoniche della prima infanzia (verbalizza parole-frasi relative ad oggetti infantili: campanelli, chiave, baule, gelato, ecc.).





Nello specifico delle attività di gruppo di musicoterapia e nelle attività di vita quotidiana A. ha progressivamente partecipato dilatando gradualmente i tempi d’attenzione (reagendo positivamente agli stimoli degli operatori) attenti a coinvolgerlo progressivamente in dialoghi sonori e pre-verbali.





A tal fine, all’interno delle sequenze scenografiche è stato previsto un particolare ambito spazio-temporale adatto al dialogo mimico-empatico con il paziente.

Tale ambito è consistito nella dilatazione dei parametri (più adatti alla comunicazione non verbale con il disabile grave) ed ha previsto l’uso di sostegni sensoriali e comunicativi (oltre all’uso finalizzato di oggetti simbolici affettivamente riconoscibili).

In tale “fase cullante” sono stati previsti, inoltre, momenti di rispecchiamento e dialogo ravvicinati.

In concomitanza delle prime stimolazioni verbali A. ha dato l’impressione (cfr. video allegato) di cogliere la proposta dell’operatore interagendo positivamente nel contesto scenico.





















CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE




In merito agli obiettivi dell’attività realizzata, alla fine dell’evento e’ stato possibile tentare di impostare i primi elementi di un alfabeto emotivo individualizzato vero e proprio, riproponibile in altre situazioni simili, allo scopo di ampliare le possibilità espressive e comunicative dei pazienti e degli operatori.





Nel triennio 2001 – 2004, nell’ambito delle nostre attività curriculari di comunicazione non verbale, sono stati realizzati tre laboratori di drammatizzazione, documentati e valutati attraverso protocolli di osservazione diretta e partecipe (Scotti Francesco,1984) e videoregistrazioni elaborate dagli operatori coinvolti.



Negli anni precedenti, con la consulenza di Giorgio Moretti (Direttore Scientifico dell’Istituto Eugenio Medea-Milano) e di Giorgio Sabbadini (gia’ docente di Riabilitazione presso l’Università’ La Sapienza di Roma) era stata condivisa la necessità di un approccio complesso, globale e multidisciplinare espresso essenzialmente attraverso un corretto lavoro d’equipe.





Per il prossimo anno intendiamo utilizzare il protocollo che G. Moretti ha elaborato nel 1994, a seguito di un sopralluogo avvenuto nella nostra sede (allegato disponibile).





In seguito Moretti divenne membro del Comitato Scientifico che organizzò e gestì il Convegno Nazionale sulla comunicazione non verbale con i disabili gravi del 1996, promosso dall’Opera stessa ( Atti del convegno, 1999).

Durante lo stesso convegno G. Sabbadini ed un gruppo di operatori svolse una relazione sul lavoro di ricerca pluriennale nel settore della comunicazione non verbale con disabili gravi.





Il lavoro svolto in quegli anni e’ stato da noi rivisitato ed utilizzato per approfondire l’attività di comunicazione non verbale qui riportata.

Abbiamo cercato di esporre l’esperienza di un gruppo di pazienti ed operatori, consapevoli dei limiti insiti nel racconto di un evento con valenze molteplici (emotive, organizzative, ecc.).

Riteniamo in ogni modo di poter affermare che queste nostre esperienze ci hanno permesso di fornire agli ospiti (ed a noi stessi) un nuovo reale strumento di comunicazione.





























BIBLIOGRAFIA





AA.VV.,” L’uomo espressivo e la totalità della persona “, Ed. Nuove Frontiere, Roma, 1999





Cannao M. , Moretti G., “ Il grave handicappato mentale”, Ed. Armando Armando, Roma, 1982





Colombo E., da “I giorni cantati. L’improvvisazione e la regola: la spontaneità possibile”, Ed. La casa Usher, Firenze, 1982





Galimberti U., “Dizionario di Psicologia”, Ed. Utet, Milano, 1997





Ricci Bitti P.E., da “Prospettive in musicoterapia; studi ricerche transdisciplinarietà”, Ed Franco Angeli, Milano, 2001





Scotti F., da “Quaderni di psicoterapia infantile” n° 11, Ed. Borla, Roma, 1984



















































































ARCHIVIO SONORO ESPRESSIVO
materiale d'archivio





Riteniamo importante definire, ai fini dell’esposizione, il termine emozione riportando la definizione che da U. Galimberti nel dizionario di psicologia (1997).





“Reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata, determinata da uno stimolo ambientale.

La sua comparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico.

Le reazioni fisiologiche ad una situazione emozionante investono le funzioni vegetative come la circolazione, la respirazione, la digestione e la secrezione, le funzioni motorie tramite un’ipertensione muscolare e quelle sensorie con vari disturbi alla vista ed all’udito.

Le reazioni viscerali si manifestano con una perdita momentanea del controllo neurovegetativo con conseguente incapacità temporanea d’astrazione dal contesto emozionante.

Le reazioni psicologiche si manifestano come riduzione del controllo di sé, difficoltà ad articolare logicamente azioni e riflessioni, diminuzione della capacità di metodo e di critica.”.





Com’e’ noto la regolazione e rielaborazione delle emozioni coinvolge diversi aspetti (cognitivi, espressivi, fisiologici) dell’esperienza emotiva; e’ pertanto plausibile considerare i cambiamenti che si osservano nella regolazione emozionale, come indicatori del più generale cambiamento che si realizza in particolari contesti di drammatizzazione.





“Per quanto riguarda i due aspetti, l’espressione e il vissuto soggettivo delle emozioni, la mancata riduzione della discrepanza tra comportamento manifesto e vissuto emotivo può costituire un fattore di rischio nella misura in cui impedisce la trasformazione delle emozioni in dati cognitivi, in strumenti di pensiero che permettono l’apprendimento di modalità comportamentali adeguate”.

(Ricci Bitti, 2001)





Regolare le emozioni vuol dire quindi far sì che esse possano essere presenti in schemi cognitivi più sofisticati e forniscono alla vita cosciente una nuova dimensione qualitativa.

Nel lavoro con i disabili gravissimi risulta essenziale, data l’impossibilità della regolazione, fornire strumenti atti al riconoscimento di una determinata emozione (attraverso gli elementi sensoriali tipici del teatro ), in modo da collocarla possibilmente in un iniziale “alfabeto emozionale individualizzato” da riproporre in altre attività riabilitative.









Rifacendosi alla classificazione dei livelli emozionali del disabile grave, elaborata da Moretti-Cannao (1982 ) riportiamo fedelmente le definizioni usate:





Emozioni massive equivalenti; intendiamo con tale dizione indicare quelle risposte indifferenziate, generalmente di ordine psicomotorio o vegetativo, che conseguono a qualunque vissuto emozionale.Certi soggetti gravemente compromessi rispondono, infatti, in modo massivo sia alla gioia che alla paura, sicchè noi, dall’esterno, possiamo dedurre che un’emozione vi e’ stata, ma nulla possiamo dire di essa, della sua qualità e talora neppure della sua intensità, in base alla risposta. Se dovessimo ragionare in termini puramente neurofisiologici, diremmo che è stata data “via libera”, ma che non si e’ verificata alcuna ulteriore elaborazione.





Emozioni bipolari; il soggetto e’ in grado di rispondere selettivamente ad emozioni di segno opposto (gioia-paura, eccitamento-depressione ), ma non riesce a distinguere tra emozioni analoghe, di conseguenza, neppure noi possiamo trarre deduzioni in merito. Delle risposte di alcuni soggetti possiamo, infatti, dire che sono positive o negative, ma è impossibile precisare se si tratta di gioia o di eccitamento, di paura o di depressione, ecc. E’ facile anche notare che il nostro lessico è, a questo proposito, impreciso e che alcuni termini sono usati in un’accezione soggettiva: ad esempio, “depressione” sta qui ad indicare un generico orientamento emozionale. Ciò che ci sembra importante è però il concetto di bipolarià, che si riferisce ad una capacità di discriminazione contrapposta al precedente tipo di risposta emozionale caratterizzato dalla massività.





Emozioni controllate: ovvero stati emozionali che il soggetto è in grado di elaborare a seconda della situazione, ora potenziandoli, ora inibendoli, ora cambiando loro parzialmente di segno (ad esempio, la paura può essere ricercata come fonte di eccitamento). A questo livello è quasi impossibile prescindere totalmente dalla sfera simbolica; anche a questo proposito, diremo che questo è il confine superiore della condizione di gravità, pure se può essere difficile distinguere fin dove il soggetto opera per effettiva discriminazione e quando invece è soltanto confuso.









Il teatro e’ sempre stato un mezzo rilevante per facilitare l’espressione delle emozioni .

E’ nel particolare contesto di un laboratorio teatrale che emergono gesti, vocalizzi, sguardi, movimenti, sentimenti che “ fuori del palcoscenico” rimangono sopiti, insabbiati, a volte appena sussurrati.

Il teatro fornisce all’individuo, anche con disabilità intellettiva, un’opportunità indiretta di comunicazione, meno rischiosa (nei confronti della realtà diretta e parametricamente determinata) della comunicazione lineare (verbale, visiva, tattile, ecc.. ). Quest’ultima può generare ansia, timore dell’errore e rifiuti (nella dinamica tra emittente e ricevente).





Nei giochi dei ruoli e nella tecnica improvvisativa, il soggetto può esplorare comportamenti nuovi, senza assumere immediatamente la responsabilità dell’azione comunicativa finalizzata.

La necessità di fornire questa “protesi” comunicativa ci induce a proporre una esperienza, che potremmo così definire: ” percorso teatrale e musicale finalizzato all'espressione ed alla gestione delle emozioni”.


















”.

Tale scelta e’ scaturita da una duplice necessità:

- facilitare il riconoscimento di alcuni segmenti emotivi (isolamento, rifiuto, riconoscimento, accettazione, incontro…);

- facilitare il mondo esterno al contatto ed alla comunicazione con il grave.





In una prima fase il gruppo di operatori, composto di: educatrice professionale, musicoterapista, assistenti socio sanitari con funzioni educative, volontari (che sono intervenuti prevalentemente nella fase della rappresentazione), si e’ impegnato nella scomposizione dell’evento in unità spazio- temporali, scegliendo e selezionando alcune sequenze sulla base di minimi segmenti emotivi. L’esperienza teatrale risulta, infatti, per i gravi, spesso ipercodificata ed ipersimbolica e quindi un impegno troppo sofisticato, a meno che non si individuano segmenti-comportamentali minimi.





Il gruppo durante le attività curriculari di musicoterapia, ha programmato i ruoli, la partecipazione e la “partitura non verbale”.

Nell’attività di laboratorio il programma è stato realizzato attraverso una serie graduale di stimolazioni sensoriali (uditive, tattili, olfattive, ecc.).

Nel percorso sono emerse per ogni paziente aree sensoriali piacevoli e spiacevoli; in base ai dati raccolti si è descritta la “mappa sensoriale” che ha costituito la base per l’elaborazione (da parte del musicoterapista) della partitura informale non verbale.





Nel nostro caso sono state allestite sette scene teatrali raccordate da ulteriori quattro di collegamento, al fine di permettere ai pazienti più gravi di essere posizionati per la performance successiva.

Sono stati riscontrati generalmente comportamenti adeguati alla proposta non verbale quando si è riusciti a realizzare contesti coerenti dal punto di vista affettivo, sensoriale e comunicativo.

Frequentemente, durante il “setting”di drammatizzazione, ad esempio, Massimo si alzava gesticolando e roteando in una sorta di danza popolare, coinvolgendo anche l’operatore.

Abbiamo notato espressioni facciali rilassate, la ricerca del contatto visivo (mantenuto a lungo) ed una notevole disponibilità al contatto fisico.

La nostra esperienza ci induce ad evitare nell’attività teatrale l’utilizzazione di coreografie, costumi, musiche, ecc, acontestuali, ossia attinenti l’area dell’astrazione o del riferimento simbolico.

Abbiamo pertanto evitato di realizzare scenografie complesse basate su più significati correlati ed astratti.





Centralità del lavoro comune e’ stata quella di amplificare drammaticamente l’evento attraverso l’uso di sostegni sensoriali. I segmenti emotivi sono rappresentati evitando di saturare gli analizzatori, supportati da musiche, luci, movimenti ed espressioni adeguate, al fine di permettere la massima espansione emotiva.

In questo modo, pensiamo, di poter dare a tutti l’eventuale possibilità di codificazione.





Nello svolgersi dell’attività, i singoli operatori hanno avuto lo spazio e la possibilità di esprimere il proprio coinvolgimento.

Questo, a nostro avviso, rappresenta uno degli elementi dell’evento: tale coinvolgimento non e’ affatto scontato e, durante i mesi di lavoro, ha costituito una curva variabile tendente all’ascesa.

Da una fase di particolare attenzione e timidezza rispetto alla proposta, si e’ gradualmente passati ad una messa in gioco dell’operatore.

Questo è auspicabile nel lavoro con i gravissimi, con i quali spesso si ha difficoltà ad entrare in una atmosfera mimico-giocosa.

Riteniamo importante sottolineare alcuni concetti emersi durante il lavoro:

Nell’arco di questi anni, abbiamo progressivamente scelto di realizzare “eventi teatrali” all’interno dei nostri luoghi, accogliendo tra noi tutti coloro che, nel tempo, hanno dimostrato un reale interesse a contattare i nostri ospiti;

Tra le caratteristiche di questo lavoro spicca l’assoluta unicità ed irripetibilità di ogni rappresentazione, legata a quel tipo di ospite, di contesto ambientale, di operatore.





Durante il lavoro il programma ha subito notevoli variazioni non dovute all’assenza di metodologie, bensì alla scelta cosciente e condivisa di tenere, nel massimo conto, le risposte “sul campo” dei pazienti e degli operatori.





Gli ospiti hanno dimostrato, nei mesi, di vivere l’esperienza teatrale nei modi loro propri; la documentazione su questo argomento è corredata dai protocolli di osservazione diretta e partecipe condivisi nelle riunioni di équipe sulla verifica del P.R.I..





I nostri lavori sono caratterizzati da una tecnica improvvisativa e non da una improvvisazione generica (Eugenio Colombo, 1982), in cui molti elementi mimici, comportamentali, gestuali, verbali hanno stimolato un processo comunicativo.

















A titolo di esemplificazione, abbiano selezionato due pazienti, tra i quindici del gruppo, che pensiamo possano rientrare tra le due prime classificazioni (massiva e bipolare) dei livelli emozionali riscontrabili nel disabile grave, in base alle classificazioni di G. Moretti (op. citata).









A. C.




DATI ANAGRAFICI E STORICI
Anni 39

Istituzionalizzato in varie strutture psico-medico-pedagogiche nel centro Italia sin dalla primissima infanzia

Inserito nel Centro nel 1989









DIAGNOSI
Ritardo mentale grave.

Epilessia generalizzata.









DIAGNOSI FUNZIONALE
Capacità di pensiero collocabile nell’ambito di un RMG.

Sembra in grado di stabilire rapporti differenziati; tendenzialmente si muove nell’ambiente in maniera irrequieta e spesso si chiude in comportamenti stereotipati.

Assenti comprensione e produzione verbale; discreta la comunicazione di bisogni primari attraverso gestualità, mimica e posture.

Deambulazione autonoma con anche flesse ed addotte, ginocchia flesse e piedi a squadra con aumento della base di appoggio; buona la funzionalità delle mani, impegnate prevalentemente in giochi stereotipati con oggetti filiformi.

Può alimentarsi da solo con le mani; completa assenza di autonomia nelle altre attività della vita quotidiana; necessita di assistenza continua.

“Curioso” per oggetti, ambienti e situazioni; ama ascoltare la musica.









AMBIENTE DI VITA
A.,insieme ad altre persone gravi e gravissime, vive all’interno di un reparto che sembra essere per lui il riferimento ambientale più importante, una vera e propria casa, provvista di refettorio, stanze, bagni e con un lungo corridoio.
Nella stanza di attività A. predilige la “Pallestra”, una sorta di piscina ricolma di palline colorate nella quale si rilassa lungamente, abbandonando le classiche stereotipie con gli oggetti filiformi.





COMPORTAMENTO
A. trascorre gran parte della giornata giocherellando con spaghi, fili, cordicelle di circa 20/25 centimetri, tirandole ed attorcigliandole continuamente; reagisce aggressivamente contro sè e contro gli altri quando se ne priva o n’è privato.





Prende a tallonare gli operatori durante la giornata; “partecipa” alle discussioni frapponendosi di solito fra i due interlocutori, costretti così a continui spostamenti per potersi guardare in faccia.

Nel tempo ha espresso chiaramente la predilezione nei confronti di taluni operatori e una serie di pazienti; ha modalità comunicative pre-verbali con A., L. e G.





A differenza del comportamento quotidiano, legato alle stereotipie descritte per gran parte del giorno, durante le “prove” teatrali, A. è sembrato aprire le finestre dell’attenzione assumendo generalmente un comportamento partecipativo mediante cambiamenti posturali ed espressioni facciali correlate all’evento ed al contesto, rispecchiandosi spesso nello stato d’animo di coloro che erano impegnati nella performance (cfr. video).









A. D. D.








DATI ANAGRAFICI E STORICI

Anni 54

Non sono rilevati inserimenti istituzionali precedenti

Inserito nel Centro nel 1968









DIAGNOSI

Ritardo mentale grave in ipotiroidismo congenito e pregresse crisi generalizzate tonico-cloniche. Dolicomegacolon.

Gastrite cronica.









DIAGNOSI FUNZIONALE
Capacità di pensiero collocabile nell’ambito di un RMG, con buona capacità di rievocazione.

Tendenza all’isolamento ed a rituali ossessivi.

Grave deficit dell’oculomozione.

Comprensione verbale discreta nell’ambito del livello cognitivo presente; produzione verbale limitata a poche semplici parole-frasi.

Deambulazione autonoma assistita, rallentata ed incerta con rincorsa del baricentro; buona la funzionalità degli arti superiori.

Necessita di assistenza costante per tutte le attività di vita quotidiana, ad eccezione dell’alimentazione.

Alvo diarroico. Incontinenza urinaria.









AMBIENTE DI VITA

Si tratta dell’identico contesto descritto in precedenza; inoltre A. frequenta assiduamente la stanza educativa, dove svolge attività di manipolazione con plastilina, creta, ecc., occupandosi anche del riordino del materiale e del locale.








COMPORTAMENTO
A. presenta comportamenti ripetitivi assimilabili a rituali ossessivi, sia dal punto di vista gestuale che verbale (ad es.: continua tendenza allo spezzettamento di cartone senza soluzioni di continuità, frequente richiesta verbale di caffè e conseguente ricerca dello stesso).





Stati emotivi impulsivi acontestuali (scoppi improvvisi di pianto, riso e collera) innescabili anche attraverso parametri sonori relativi al patrimonio pregresso (melodie, cantilene, canti popolari ) ed a ricostruzioni e rievocazioni mnemoniche della prima infanzia (verbalizza parole-frasi relative ad oggetti infantili: campanelli, chiave, baule, gelato, ecc.).





Nello specifico delle attività di gruppo di musicoterapia e nelle attività di vita quotidiana A. ha progressivamente partecipato dilatando gradualmente i tempi d’attenzione (reagendo positivamente agli stimoli degli operatori) attenti a coinvolgerlo progressivamente in dialoghi sonori e pre-verbali.





A tal fine, all’interno delle sequenze scenografiche è stato previsto un particolare ambito spazio-temporale adatto al dialogo mimico-empatico con il paziente.

Tale ambito è consistito nella dilatazione dei parametri (più adatti alla comunicazione non verbale con il disabile grave) ed ha previsto l’uso di sostegni sensoriali e comunicativi (oltre all’uso finalizzato di oggetti simbolici affettivamente riconoscibili).

In tale “fase cullante” sono stati previsti, inoltre, momenti di rispecchiamento e dialogo ravvicinati.

In concomitanza delle prime stimolazioni verbali A. ha dato l’impressione (cfr. video allegato) di cogliere la proposta dell’operatore interagendo positivamente nel contesto scenico.





















CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE




In merito agli obiettivi dell’attività realizzata, alla fine dell’evento e’ stato possibile tentare di impostare i primi elementi di un alfabeto emotivo individualizzato vero e proprio, riproponibile in altre situazioni simili, allo scopo di ampliare le possibilità espressive e comunicative dei pazienti e degli operatori.





Nel triennio 2001 – 2004, nell’ambito delle nostre attività curriculari di comunicazione non verbale, sono stati realizzati tre laboratori di drammatizzazione, documentati e valutati attraverso protocolli di osservazione diretta e partecipe (Scotti Francesco,1984) e videoregistrazioni elaborate dagli operatori coinvolti.



Negli anni precedenti, con la consulenza di Giorgio Moretti (Direttore Scientifico dell’Istituto Eugenio Medea-Milano) e di Giorgio Sabbadini (gia’ docente di Riabilitazione presso l’Università’ La Sapienza di Roma) era stata condivisa la necessità di un approccio complesso, globale e multidisciplinare espresso essenzialmente attraverso un corretto lavoro d’equipe.





Per il prossimo anno intendiamo utilizzare il protocollo che G. Moretti ha elaborato nel 1994, a seguito di un sopralluogo avvenuto nella nostra sede (allegato disponibile).





In seguito Moretti divenne membro del Comitato Scientifico che organizzò e gestì il Convegno Nazionale sulla comunicazione non verbale con i disabili gravi del 1996, promosso dall’Opera stessa ( Atti del convegno, 1999).

Durante lo stesso convegno G. Sabbadini ed un gruppo di operatori svolse una relazione sul lavoro di ricerca pluriennale nel settore della comunicazione non verbale con disabili gravi.





Il lavoro svolto in quegli anni e’ stato da noi rivisitato ed utilizzato per approfondire l’attività di comunicazione non verbale qui riportata.

Abbiamo cercato di esporre l’esperienza di un gruppo di pazienti ed operatori, consapevoli dei limiti insiti nel racconto di un evento con valenze molteplici (emotive, organizzative, ecc.).

Riteniamo in ogni modo di poter affermare che queste nostre esperienze ci hanno permesso di fornire agli ospiti (ed a noi stessi) un nuovo reale strumento di comunicazione.





























BIBLIOGRAFIA





AA.VV.,” L’uomo espressivo e la totalità della persona “, Ed. Nuove Frontiere, Roma, 1999





Cannao M. , Moretti G., “ Il grave handicappato mentale”, Ed. Armando Armando, Roma, 1982





Colombo E., da “I giorni cantati. L’improvvisazione e la regola: la spontaneità possibile”, Ed. La casa Usher, Firenze, 1982





Galimberti U., “Dizionario di Psicologia”, Ed. Utet, Milano, 1997





Ricci Bitti P.E., da “Prospettive in musicoterapia; studi ricerche transdisciplinarietà”, Ed Franco Angeli, Milano, 2001





Scotti F., da “Quaderni di psicoterapia infantile” n° 11, Ed. Borla, Roma, 1984



















































































ARCHIVIO SONORO ESPRESSIVO
materiale d'archivio





Riteniamo importante definire, ai fini dell’esposizione, il termine emozione riportando la definizione che da U. Galimberti nel dizionario di psicologia (1997).





“Reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata, determinata da uno stimolo ambientale.

La sua comparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico.

Le reazioni fisiologiche ad una situazione emozionante investono le funzioni vegetative come la circolazione, la respirazione, la digestione e la secrezione, le funzioni motorie tramite un’ipertensione muscolare e quelle sensorie con vari disturbi alla vista ed all’udito.

Le reazioni viscerali si manifestano con una perdita momentanea del controllo neurovegetativo con conseguente incapacità temporanea d’astrazione dal contesto emozionante.

Le reazioni psicologiche si manifestano come riduzione del controllo di sé, difficoltà ad articolare logicamente azioni e riflessioni, diminuzione della capacità di metodo e di critica.”.





Com’e’ noto la regolazione e rielaborazione delle emozioni coinvolge diversi aspetti (cognitivi, espressivi, fisiologici) dell’esperienza emotiva; e’ pertanto plausibile considerare i cambiamenti che si osservano nella regolazione emozionale, come indicatori del più generale cambiamento che si realizza in particolari contesti di drammatizzazione.





“Per quanto riguarda i due aspetti, l’espressione e il vissuto soggettivo delle emozioni, la mancata riduzione della discrepanza tra comportamento manifesto e vissuto emotivo può costituire un fattore di rischio nella misura in cui impedisce la trasformazione delle emozioni in dati cognitivi, in strumenti di pensiero che permettono l’apprendimento di modalità comportamentali adeguate”.

(Ricci Bitti, 2001)





Regolare le emozioni vuol dire quindi far sì che esse possano essere presenti in schemi cognitivi più sofisticati e forniscono alla vita cosciente una nuova dimensione qualitativa.

Nel lavoro con i disabili gravissimi risulta essenziale, data l’impossibilità della regolazione, fornire strumenti atti al riconoscimento di una determinata emozione (attraverso gli elementi sensoriali tipici del teatro ), in modo da collocarla possibilmente in un iniziale “alfabeto emozionale individualizzato” da riproporre in altre attività riabilitative.









Rifacendosi alla classificazione dei livelli emozionali del disabile grave, elaborata da Moretti-Cannao (1982 ) riportiamo fedelmente le definizioni usate:





Emozioni massive equivalenti; intendiamo con tale dizione indicare quelle risposte indifferenziate, generalmente di ordine psicomotorio o vegetativo, che conseguono a qualunque vissuto emozionale.Certi soggetti gravemente compromessi rispondono, infatti, in modo massivo sia alla gioia che alla paura, sicchè noi, dall’esterno, possiamo dedurre che un’emozione vi e’ stata, ma nulla possiamo dire di essa, della sua qualità e talora neppure della sua intensità, in base alla risposta. Se dovessimo ragionare in termini puramente neurofisiologici, diremmo che è stata data “via libera”, ma che non si e’ verificata alcuna ulteriore elaborazione.





Emozioni bipolari; il soggetto e’ in grado di rispondere selettivamente ad emozioni di segno opposto (gioia-paura, eccitamento-depressione ), ma non riesce a distinguere tra emozioni analoghe, di conseguenza, neppure noi possiamo trarre deduzioni in merito. Delle risposte di alcuni soggetti possiamo, infatti, dire che sono positive o negative, ma è impossibile precisare se si tratta di gioia o di eccitamento, di paura o di depressione, ecc. E’ facile anche notare che il nostro lessico è, a questo proposito, impreciso e che alcuni termini sono usati in un’accezione soggettiva: ad esempio, “depressione” sta qui ad indicare un generico orientamento emozionale. Ciò che ci sembra importante è però il concetto di bipolarià, che si riferisce ad una capacità di discriminazione contrapposta al precedente tipo di risposta emozionale caratterizzato dalla massività.





Emozioni controllate: ovvero stati emozionali che il soggetto è in grado di elaborare a seconda della situazione, ora potenziandoli, ora inibendoli, ora cambiando loro parzialmente di segno (ad esempio, la paura può essere ricercata come fonte di eccitamento). A questo livello è quasi impossibile prescindere totalmente dalla sfera simbolica; anche a questo proposito, diremo che questo è il confine superiore della condizione di gravità, pure se può essere difficile distinguere fin dove il soggetto opera per effettiva discriminazione e quando invece è soltanto confuso.









Il teatro e’ sempre stato un mezzo rilevante per facilitare l’espressione delle emozioni .

E’ nel particolare contesto di un laboratorio teatrale che emergono gesti, vocalizzi, sguardi, movimenti, sentimenti che “ fuori del palcoscenico” rimangono sopiti, insabbiati, a volte appena sussurrati.

Il teatro fornisce all’individuo, anche con disabilità intellettiva, un’opportunità indiretta di comunicazione, meno rischiosa (nei confronti della realtà diretta e parametricamente determinata) della comunicazione lineare (verbale, visiva, tattile, ecc.. ). Quest’ultima può generare ansia, timore dell’errore e rifiuti (nella dinamica tra emittente e ricevente).





Nei giochi dei ruoli e nella tecnica improvvisativa, il soggetto può esplorare comportamenti nuovi, senza assumere immediatamente la responsabilità dell’azione comunicativa finalizzata.

La necessità di fornire questa “protesi” comunicativa ci induce a proporre una esperienza, che potremmo così definire: ” percorso teatrale e musicale finalizzato all'espressione ed alla gestione delle emozioni”.


















”.

Tale scelta e’ scaturita da una duplice necessità:

- facilitare il riconoscimento di alcuni segmenti emotivi (isolamento, rifiuto, riconoscimento, accettazione, incontro…);

- facilitare il mondo esterno al contatto ed alla comunicazione con il grave.





In una prima fase il gruppo di operatori, composto di: educatrice professionale, musicoterapista, assistenti socio sanitari con funzioni educative, volontari (che sono intervenuti prevalentemente nella fase della rappresentazione), si e’ impegnato nella scomposizione dell’evento in unità spazio- temporali, scegliendo e selezionando alcune sequenze sulla base di minimi segmenti emotivi. L’esperienza teatrale risulta, infatti, per i gravi, spesso ipercodificata ed ipersimbolica e quindi un impegno troppo sofisticato, a meno che non si individuano segmenti-comportamentali minimi.





Il gruppo durante le attività curriculari di musicoterapia, ha programmato i ruoli, la partecipazione e la “partitura non verbale”.

Nell’attività di laboratorio il programma è stato realizzato attraverso una serie graduale di stimolazioni sensoriali (uditive, tattili, olfattive, ecc.).

Nel percorso sono emerse per ogni paziente aree sensoriali piacevoli e spiacevoli; in base ai dati raccolti si è descritta la “mappa sensoriale” che ha costituito la base per l’elaborazione (da parte del musicoterapista) della partitura informale non verbale.





Nel nostro caso sono state allestite sette scene teatrali raccordate da ulteriori quattro di collegamento, al fine di permettere ai pazienti più gravi di essere posizionati per la performance successiva.

Sono stati riscontrati generalmente comportamenti adeguati alla proposta non verbale quando si è riusciti a realizzare contesti coerenti dal punto di vista affettivo, sensoriale e comunicativo.

Frequentemente, durante il “setting”di drammatizzazione, ad esempio, Massimo si alzava gesticolando e roteando in una sorta di danza popolare, coinvolgendo anche l’operatore.

Abbiamo notato espressioni facciali rilassate, la ricerca del contatto visivo (mantenuto a lungo) ed una notevole disponibilità al contatto fisico.

La nostra esperienza ci induce ad evitare nell’attività teatrale l’utilizzazione di coreografie, costumi, musiche, ecc, acontestuali, ossia attinenti l’area dell’astrazione o del riferimento simbolico.

Abbiamo pertanto evitato di realizzare scenografie complesse basate su più significati correlati ed astratti.





Centralità del lavoro comune e’ stata quella di amplificare drammaticamente l’evento attraverso l’uso di sostegni sensoriali. I segmenti emotivi sono rappresentati evitando di saturare gli analizzatori, supportati da musiche, luci, movimenti ed espressioni adeguate, al fine di permettere la massima espansione emotiva.

In questo modo, pensiamo, di poter dare a tutti l’eventuale possibilità di codificazione.





Nello svolgersi dell’attività, i singoli operatori hanno avuto lo spazio e la possibilità di esprimere il proprio coinvolgimento.

Questo, a nostro avviso, rappresenta uno degli elementi dell’evento: tale coinvolgimento non e’ affatto scontato e, durante i mesi di lavoro, ha costituito una curva variabile tendente all’ascesa.

Da una fase di particolare attenzione e timidezza rispetto alla proposta, si e’ gradualmente passati ad una messa in gioco dell’operatore.

Questo è auspicabile nel lavoro con i gravissimi, con i quali spesso si ha difficoltà ad entrare in una atmosfera mimico-giocosa.

Riteniamo importante sottolineare alcuni concetti emersi durante il lavoro:

Nell’arco di questi anni, abbiamo progressivamente scelto di realizzare “eventi teatrali” all’interno dei nostri luoghi, accogliendo tra noi tutti coloro che, nel tempo, hanno dimostrato un reale interesse a contattare i nostri ospiti;

Tra le caratteristiche di questo lavoro spicca l’assoluta unicità ed irripetibilità di ogni rappresentazione, legata a quel tipo di ospite, di contesto ambientale, di operatore.





Durante il lavoro il programma ha subito notevoli variazioni non dovute all’assenza di metodologie, bensì alla scelta cosciente e condivisa di tenere, nel massimo conto, le risposte “sul campo” dei pazienti e degli operatori.





Gli ospiti hanno dimostrato, nei mesi, di vivere l’esperienza teatrale nei modi loro propri; la documentazione su questo argomento è corredata dai protocolli di osservazione diretta e partecipe condivisi nelle riunioni di équipe sulla verifica del P.R.I..





I nostri lavori sono caratterizzati da una tecnica improvvisativa e non da una improvvisazione generica (Eugenio Colombo, 1982), in cui molti elementi mimici, comportamentali, gestuali, verbali hanno stimolato un processo comunicativo.

















A titolo di esemplificazione, abbiano selezionato due pazienti, tra i quindici del gruppo, che pensiamo possano rientrare tra le due prime classificazioni (massiva e bipolare) dei livelli emozionali riscontrabili nel disabile grave, in base alle classificazioni di G. Moretti (op. citata).









A. C.




DATI ANAGRAFICI E STORICI
Anni 39

Istituzionalizzato in varie strutture psico-medico-pedagogiche nel centro Italia sin dalla primissima infanzia

Inserito nel Centro nel 1989









DIAGNOSI
Ritardo mentale grave.

Epilessia generalizzata.









DIAGNOSI FUNZIONALE
Capacità di pensiero collocabile nell’ambito di un RMG.

Sembra in grado di stabilire rapporti differenziati; tendenzialmente si muove nell’ambiente in maniera irrequieta e spesso si chiude in comportamenti stereotipati.

Assenti comprensione e produzione verbale; discreta la comunicazione di bisogni primari attraverso gestualità, mimica e posture.

Deambulazione autonoma con anche flesse ed addotte, ginocchia flesse e piedi a squadra con aumento della base di appoggio; buona la funzionalità delle mani, impegnate prevalentemente in giochi stereotipati con oggetti filiformi.

Può alimentarsi da solo con le mani; completa assenza di autonomia nelle altre attività della vita quotidiana; necessita di assistenza continua.

“Curioso” per oggetti, ambienti e situazioni; ama ascoltare la musica.









AMBIENTE DI VITA
A.,insieme ad altre persone gravi e gravissime, vive all’interno di un reparto che sembra essere per lui il riferimento ambientale più importante, una vera e propria casa, provvista di refettorio, stanze, bagni e con un lungo corridoio.
Nella stanza di attività A. predilige la “Pallestra”, una sorta di piscina ricolma di palline colorate nella quale si rilassa lungamente, abbandonando le classiche stereotipie con gli oggetti filiformi.





COMPORTAMENTO
A. trascorre gran parte della giornata giocherellando con spaghi, fili, cordicelle di circa 20/25 centimetri, tirandole ed attorcigliandole continuamente; reagisce aggressivamente contro sè e contro gli altri quando se ne priva o n’è privato.





Prende a tallonare gli operatori durante la giornata; “partecipa” alle discussioni frapponendosi di solito fra i due interlocutori, costretti così a continui spostamenti per potersi guardare in faccia.

Nel tempo ha espresso chiaramente la predilezione nei confronti di taluni operatori e una serie di pazienti; ha modalità comunicative pre-verbali con A., L. e G.





A differenza del comportamento quotidiano, legato alle stereotipie descritte per gran parte del giorno, durante le “prove” teatrali, A. è sembrato aprire le finestre dell’attenzione assumendo generalmente un comportamento partecipativo mediante cambiamenti posturali ed espressioni facciali correlate all’evento ed al contesto, rispecchiandosi spesso nello stato d’animo di coloro che erano impegnati nella performance (cfr. video).









A. D. D.








DATI ANAGRAFICI E STORICI

Anni 54

Non sono rilevati inserimenti istituzionali precedenti

Inserito nel Centro nel 1968









DIAGNOSI

Ritardo mentale grave in ipotiroidismo congenito e pregresse crisi generalizzate tonico-cloniche. Dolicomegacolon.

Gastrite cronica.









DIAGNOSI FUNZIONALE
Capacità di pensiero collocabile nell’ambito di un RMG, con buona capacità di rievocazione.

Tendenza all’isolamento ed a rituali ossessivi.

Grave deficit dell’oculomozione.

Comprensione verbale discreta nell’ambito del livello cognitivo presente; produzione verbale limitata a poche semplici parole-frasi.

Deambulazione autonoma assistita, rallentata ed incerta con rincorsa del baricentro; buona la funzionalità degli arti superiori.

Necessita di assistenza costante per tutte le attività di vita quotidiana, ad eccezione dell’alimentazione.

Alvo diarroico. Incontinenza urinaria.









AMBIENTE DI VITA

Si tratta dell’identico contesto descritto in precedenza; inoltre A. frequenta assiduamente la stanza educativa, dove svolge attività di manipolazione con plastilina, creta, ecc., occupandosi anche del riordino del materiale e del locale.








COMPORTAMENTO
A. presenta comportamenti ripetitivi assimilabili a rituali ossessivi, sia dal punto di vista gestuale che verbale (ad es.: continua tendenza allo spezzettamento di cartone senza soluzioni di continuità, frequente richiesta verbale di caffè e conseguente ricerca dello stesso).





Stati emotivi impulsivi acontestuali (scoppi improvvisi di pianto, riso e collera) innescabili anche attraverso parametri sonori relativi al patrimonio pregresso (melodie, cantilene, canti popolari ) ed a ricostruzioni e rievocazioni mnemoniche della prima infanzia (verbalizza parole-frasi relative ad oggetti infantili: campanelli, chiave, baule, gelato, ecc.).





Nello specifico delle attività di gruppo di musicoterapia e nelle attività di vita quotidiana A. ha progressivamente partecipato dilatando gradualmente i tempi d’attenzione (reagendo positivamente agli stimoli degli operatori) attenti a coinvolgerlo progressivamente in dialoghi sonori e pre-verbali.





A tal fine, all’interno delle sequenze scenografiche è stato previsto un particolare ambito spazio-temporale adatto al dialogo mimico-empatico con il paziente.

Tale ambito è consistito nella dilatazione dei parametri (più adatti alla comunicazione non verbale con il disabile grave) ed ha previsto l’uso di sostegni sensoriali e comunicativi (oltre all’uso finalizzato di oggetti simbolici affettivamente riconoscibili).

In tale “fase cullante” sono stati previsti, inoltre, momenti di rispecchiamento e dialogo ravvicinati.

In concomitanza delle prime stimolazioni verbali A. ha dato l’impressione (cfr. video allegato) di cogliere la proposta dell’operatore interagendo positivamente nel contesto scenico.





















CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE




In merito agli obiettivi dell’attività realizzata, alla fine dell’evento e’ stato possibile tentare di impostare i primi elementi di un alfabeto emotivo individualizzato vero e proprio, riproponibile in altre situazioni simili, allo scopo di ampliare le possibilità espressive e comunicative dei pazienti e degli operatori.





Nel triennio 2001 – 2004, nell’ambito delle nostre attività curriculari di comunicazione non verbale, sono stati realizzati tre laboratori di drammatizzazione, documentati e valutati attraverso protocolli di osservazione diretta e partecipe (Scotti Francesco,1984) e videoregistrazioni elaborate dagli operatori coinvolti.



Negli anni precedenti, con la consulenza di Giorgio Moretti (Direttore Scientifico dell’Istituto Eugenio Medea-Milano) e di Giorgio Sabbadini (gia’ docente di Riabilitazione presso l’Università’ La Sapienza di Roma) era stata condivisa la necessità di un approccio complesso, globale e multidisciplinare espresso essenzialmente attraverso un corretto lavoro d’equipe.





Per il prossimo anno intendiamo utilizzare il protocollo che G. Moretti ha elaborato nel 1994, a seguito di un sopralluogo avvenuto nella nostra sede (allegato disponibile).





In seguito Moretti divenne membro del Comitato Scientifico che organizzò e gestì il Convegno Nazionale sulla comunicazione non verbale con i disabili gravi del 1996, promosso dall’Opera stessa ( Atti del convegno, 1999).

Durante lo stesso convegno G. Sabbadini ed un gruppo di operatori svolse una relazione sul lavoro di ricerca pluriennale nel settore della comunicazione non verbale con disabili gravi.





Il lavoro svolto in quegli anni e’ stato da noi rivisitato ed utilizzato per approfondire l’attività di comunicazione non verbale qui riportata.

Abbiamo cercato di esporre l’esperienza di un gruppo di pazienti ed operatori, consapevoli dei limiti insiti nel racconto di un evento con valenze molteplici (emotive, organizzative, ecc.).

Riteniamo in ogni modo di poter affermare che queste nostre esperienze ci hanno permesso di fornire agli ospiti (ed a noi stessi) un nuovo reale strumento di comunicazione.





























BIBLIOGRAFIA





AA.VV.,” L’uomo espressivo e la totalità della persona “, Ed. Nuove Frontiere, Roma, 1999





Cannao M. , Moretti G., “ Il grave handicappato mentale”, Ed. Armando Armando, Roma, 1982





Colombo E., da “I giorni cantati. L’improvvisazione e la regola: la spontaneità possibile”, Ed. La casa Usher, Firenze, 1982





Galimberti U., “Dizionario di Psicologia”, Ed. Utet, Milano, 1997





Ricci Bitti P.E., da “Prospettive in musicoterapia; studi ricerche transdisciplinarietà”, Ed Franco Angeli, Milano, 2001





Scotti F., da “Quaderni di psicoterapia infantile” n° 11, Ed. Borla, Roma, 1984























































































































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